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Un pochino di Pechino – seconda parte

31/08/2011

Superata l’inevitabile meraviglia iniziale di fronte alla maestosità della Grande Muraglia cinese, con il suo movimento sinuoso lungo la cresta dei monti interrotto a brevi intervalli dalle sue torri di guardia, viene naturale porsi più di una domanda: quanti uomini furono impiegati nella sua costruzione? Non essendo perfettamente dritta, è possibile stimare quanto sia effettivamente lunga? È vero che gli operai morti nella realizzazione furono sepolti nelle sue fondamenta, o che sia davvero l’unica opera dell’uomo visibile dalla Luna? E soprattutto, cosa passava per la testa del primo Imperatore della Cina, il famigerato Qin Shi Huang, contemporaneo del ‘nostro’ Archimede, per poter anche solo pensare di fermare le regolari invasioni delle aggressive popolazioni mongoliche del Nord con un muro largo meno di 10 metri?

Ad alcune domande è possibile dare una risposta, per altre si può solo rimanere nel campo delle ipotesi che, va detto, aumentano non di poco il fascino di un’opera che è stata comunque eletta come una delle sette meraviglie del mondo moderno, classificandosi  addirittura prima nelle votazioni per questa insolita competizione.

Intanto per quanto riguarda la visibilità dallo spazio si rientra chiaramente nel campo delle leggende metropolitane: un muro di larghezza variabile mediamente dagli 8 ai 10 metri, sebbene lungo migliaia di chilometri, è assolutamente invisibile dalla Luna così come anche le città più grandi e luminose. Se si dice invece in senso più generico ‘visibile dallo spazio’ si tratta di un discorso privo di senso, troppo vago: a pochi chilometri di distanza dalla terra si è già nello ‘spazio’, e in questo caso è effettivamente possibile distinguere la muraglia, ma di certo non è l’unica opera creata dall’uomo ad essere visibile ad un’altezza così bassa!

Sulla lunghezza effettiva le stime sono state corrette in tempi recenti: Wikipedia parla di 8851 chilometri totali, che però potrebbero variare in futuro: alcune parti della muraglia sono difatti state scoperte in anni recenti, dopo che per secoli erano state nascoste dalle sabbie dei deserti della Cina occidentale, e per lo stesso motivo altre se ne potrebbero scoprire in futuro; allo stesso modo però le stime potrebbero essere ritoccate al ribasso: non tutta la muraglia è destinata a resistere all’usura del tempo, dato che la parte occidentale è stata creata principalmente con mattoni di argilla essiccati al sole invece che con la pietra viva tipica dei tratti orientali ed è pertanto ben più fragile e suscettibile all’erosione.  I tratti di muraglia costruiti nel deserto devono inoltre fronteggiare l’usura data da una fortissima escursione termica che disgrega le rocce, oltre al continuo logorio causato delle sabbie trasportate dai venti.

Sulle sepolture degli operai dentro la muraglia ho sentito invece pareri contrastanti: dalle guide turistiche che assicurano che sia totalmente e assolutamente vero, forse anche per aumentare il fascino e l’attrattiva dell’opera (come se ce ne fosse bisogno) ad altri che invece affermano che le migliaia (o forse i milioni) di operai sacrificati nei secoli per la realizzazione di questa opera fantasmagorica siano stati sepolti non sotto, ma a fianco della costruzione, dato che generalmente un cadavere non può in alcun modo ricoprire la funzione di fondamenta per un muro pesante tonnellate.

Per quanto riguarda il Primo Imperatore Qin Shi Huang invece sono i libri di storia a parlare: colui che unificò l’Impero Celeste difatti, oltre a dare il via a questa imponente opera di protezione che sarebbe stata completata molti secoli dopo, fu anche l’artefice dell’incredibile armata dei guerrieri di terracotta presente nelle vicinanze di Xi’An, dove si trovava la sua capitale imperiale, riportata alla luce soltanto nel 1974 ed una delle massime attrattive turistiche della Cina moderna. Violento e sanguinario, estremamente superstizioso, terrorizzato dalla morte e dalle congiure di palazzo e ossessionato dall’idea dell’immortalità, il Primo Imperatore è ricordato anche per aver dato alle fiamme milioni di testi storici e religiosi e successivamente per aver fatto seppellire vivi 460 intellettuali e studiosi di Confucio che avevano criticato questa sua barbarie. A conti fatti, la costruzione di un’opera tanto faraonica quanto sostanzialmente inutile come la Grande Muraglia non fu il suo peccato più grande.

Ancora stanco dalla maratona pechinese del giorno precedente (raccontata nell’ultimo post), per il secondo giorno del mio viaggio ho optato per una scelta molto turistica ma anche pratica, ovvero il giro guidato in pullman fino a Badaling, a circa 70 chilometri a nord della capitale, dove si trova  il tratto più celebre della Muraglia oltre che il primo ad essere stato aperto ai turisti, nel 1957.

Restaurato in varie parti e comunque in uno stato di conservazione pregevole, il Great Wall a Badaling è accessibile tramite aperture a livello della strada asfaltata, ma il tour più ‘scenografico’ prevede un accesso ad uno dei punti sommitali con una funivia decisamente in vecchio stile, molto spartana e di quel particolare tipo che non si ferma mai e su cui bisogna balzare al volo per salire a bordo.

L’ascesa è comunque assolutamente meritevole dato che dall’alto si può godere di una vista molto migliore ed evitare parte della ressa di migliaia e migliaia di turisti che affollano le parti più basse della muraglia.

Lo stato di conservazione dell’opera è però direttamente proporzionale ai lavori di recupero che sono stati compiuti: negli anni ’50 e poi negli anni ’80 massicci interventi di restauro hanno consolidato e reso accessibili ampi tratti dell’opera, ma dei materiali originari poco è rimasto. In ogni caso questo è abbastanza comprensibile dato che, come dicevamo, il primo tratto venne edificato nel 215 a.C., diciassette anni dopo la morte di Archimede per mano di un soldato romano durante l’assedio di Siracusa, giusto per dare un riferimento ‘occidentale’. Parliamo di tempi antichissimi quindi, e soprattutto di un’opera che per millenni ha avuto una discreta importanza strategica (nonostante la modesta efficacia) per gli imperatori cinesi, che in più occasioni nel corso dei secoli hanno fatto ricostruire, consolidare e perfezionare la protezione del limite settentrionale dei loro possedimenti.

Ovviamente un giro turistico così standardizzato prevede anche alcune tappe evitabili, come la visita ai laboratori della giada con ovviamente annessi negozi e gioiellerie dove i turisti più entusiasti possono svuotare il proprio portafogli,

o ai mercati della seta, altra grande invenzione della Terra di Mezzo, in cui una visita guidata a un laboratorio dimostrativo sulla filatura del tessuto creato dagli industriosi bachi di Bombyx mori porta direttamente a un centro commerciale interamente dedicato alla vendita dei preziosi filati, in ogni forma e utilizzo possibile: dalle camicie alle cravatte, dai cuscini alle trapunte.

  

Durante il trasferimento c’è però un’altra tappa ‘storica’ di assoluto interesse, 50 Km a nord di Pechino: le tombe degli imperatori della dinastia Ming, che regnarono sulla Cina in un periodo che va dal XIV secolo alla seconda metà del XVII secolo, prima dell’avvento della dinastia manciù dei Qing.

 

Tolti i primi due imperatori della dinastia che vennero sepolti a Nanchino, ai loro tempi capitale del’impero, tutti gli altri discendenti della famiglia reale vennero tumulati qui dove, oltre ad alcuni mausolei di assoluto interesse, è possibile vedere quello che è presumibilmente il primo nucleo storico della moderna capitale dell’Impero Celeste.

 

Torniamo a parlare di tempi moderni: la Cina è una nazione in fermento e crescita continua e sta cambiando il proprio volto ad un ritmo ineguagliato nel resto del mondo. Pechino in quanto capitale di questo universo a sé stante non è certo da meno e questo lo si può vedere nell’area che tre anni fa ha ospitato i Giochi Olimpici estivi: il clou è sicuramente rappresentato dallo stadio ribattezzato ‘nido d’uccello’ (Bird’s nest) che ha ospitato le memorabili cerimonie di apertura e chiusura dei Giochi oltre alle gare d’atletica;  lo stadio, illuminato di notte e adornato da uno specchio d’acqua e da un parco, è ora un’attrazione turistica oltre che la sede di eventi sportivi di grande prestigio (questa estate ha ospitato -principalmente per motivi pubblicitari- la finale di supercoppa italiana);

 

ma c’è anche il Water Cube che ha invece ospitato le gare olimpiche di nuoto,

e tutt’intorno c’è un’ampia area con grattacieli, centri sportivi e commerciali che è visitata da migliaia di turisti e famiglie pechinesi ogni giorno. Inoltre ci sono i modernissimi appartamenti del villaggio olimpico, attualmente affittabili ai più costosi prezzi al metro quadro di tutta la Cina.

 

Questa voglia di fare, costruire, rimodernare sembra adattarsi bene ai grandi eventi sportivi internazionali, dato che la Cina, dopo il successo delle olimpiadi pechinesi, è stata prescelta come sede di molti altri importanti avvenimenti come le Universiadi a Shenzen e i mondiali di nuoto a Shanghai quest’estate, o i Giochi della Gioventù che avranno luogo a Nanchino nel 2013.

C’è tutto un altro volto della Pechino moderna che invece si trova nella periferia nordorientale della città, nel cosiddetto Quartiere 798.

  

Si tratta di un’ex area industriale degli anni 50-60, realizzata da Mao in collaborazione con la Germania Est e l’Unione Sovietica, in disuso a partire dagli anni ’80 e che da poco più di dieci anni è iniziata a diventare una zona di attrazione per artisti per lo più pechinesi ma talvolta anche stranieri, che hanno colto l’opportunità di sfruttare una zona a basso costo e non troppo decentrata come location per gallerie e negozi dove esporre e vendere le proprie opere.

 

Quello che è possibile visitare attualmente è un quartiere vivido, particolare, diverso dal resto di Pechino e ben più somigliante a un qualche scorcio della Berlino del Bauhaus piuttosto che ad un’area di una moderna città cinese. Il che sottolinea, una volta di più, il grande fermento, non solo economico ma anche culturale, che sta vivendo la capitale di questo paese.

Purtroppo, come già sapevo prima di partire, il tempo a disposizione era davvero poco per visitare una città del genere, e, dopo aver visto soltanto da lontano il mastodontico grattacielo della CCTV con la sua struttura insolita e le sue dimensioni imponenti, non mi restava altro che fare le valigie e prepararmi al ritorno, ma prima di salutare Pechino ho ben pensato di fare una capatina ad un’altra attrazione, presente a pochi metri dal mio albergo, dove molti cinesi e qualche turista occidentale fanno regolarmente il loro spuntino serale: il mercato notturno Donghuamen.

 

Oltre a spiedini di carne, frutta e dolci vari qui è possibile degustare alcune prelibatezze tipiche del nordest della Cina, come cavallucci marini, insetti di vario genere, scolopendre e soprattutto scorpioni, tutti rigorosamente passati alla fiamma e infilzati sul proprio spiedino. Ovviamente le immagini che seguono le dedico ad amici e amiche (soprattutto amiche) che si erano detti schifati dal serpente che avevamo mangiato a Shanghai. Scommetto che dopo questi spuntini particolari il serpente non vi farà più tutta questa impressione, anzi lo troverete quasi gradevole.

    

Finita la mini-trasferta si ritorna al lavoro laddove tutto era cominciato: trasferimento di Agorà da Jiaxing (e dalla regione dello Zhejiang che ci ha ospitato per oltre due mesi) a Shanghai, nel distretto settentrionale di Hong Kou, per la penultima tappa del nostro tour cinese. Il nostro viaggio non è ancora finito, restate in ascolto perché ci saranno ancora novità e qualche sorpresa!

Zaijian,

fonso

2 commenti leave one →
  1. Franco permalink
    04/09/2012 11:22

    Curioso, siamo stati nello stesso laboratorio, http://francovisintainer.wordpress.com/2012/06/12/lavorazione-della-giada/

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